La tradizione teatrale nel Vallo di Diano
Le compagnie filodrammatiche
La traccia più antica dell’attività teatrale nel Vallo di Diano si trova nell’archivio della Società operaia «Torquato Tasso» di Sala Consilina: un manifestino bianco, alla data del 31 dicembre 1885, annunziava la rappresentazione della commedia di Ottavio Feuillet, Il romanzo di un giovine povero (1). Non si hanno altre notizie fino al primo dopoguerra. Tra il 1918 e il 1921 a Sala Consilina, il sarto Vincenzo Perrone, con altri artigiani, organizzava nella casa paterna delle recite domenicali alla presenza di varie persone del vicinato. Il giovane artigiano era rimasto talmente colpito dal dramma Nica, recitato in dialetto siciliano da una compagnia di passaggio, che la sera ne riscrisse a tavolino il copione.
Alla fine degli anni ‘20 un suo discepolo, che aveva imparato da lui a fare il suggeritore, il sarto Michele Paladino, animatore di una nuova filodrammatica, divenne così bravo nell’arte del recitare, da poter sostituire il secondo attore in una compagnia napoletana che si esibì a Sala.
Questo del passaggio di compagnie teatrali di buon livello artistico è un fattore che va sottolineato, perché può aver sollecitato l’aggregazione di dilettanti negli strati urbani, per lo più artigiani e commercianti, che trovavano in queste forme espressive l’occasione per distinguersi ed emergere. Lo stesso Paladino ha segnalato dei nomi di compagnie napoletane: Ronzoni-Di Tolla e Buonocore-Papa. Nelle cronache inviate a «Il Mattino» dal corrispondente di Sala dell’epoca, Arturo Rimoldi, si apprendono i vari arrivi al teatro Iris: nel 1919 la «compagnia drammatica Carlo Titta»; nel maggio 1925, la «tournée artistica italiana»; nel settembre dello stesso anno, la «tournée internazionale Filarosa»; ancora nel dicembre di quell’anno, la «Compagnia De Titta» mette a disposizione dei giovani uno spettacolo diurno a prezzi popolari. Intorno agli anni ‘30, ha riferito qualcuno, si sarebbe fermata a Sala anche la Compagnia del famosissimo Angelo Musco.
Punto di aggregazione, a quanto raccontano i protagonisti, dovette essere una bottega (per lo più artigiana); le prove si svolgevano in una casa privata o in un edificio pubblico. Così a Padula, tra gli anni ‘20 e gli anni ‘30, il farmacista Giuseppe Robertucci, impartendo lezioni private, riuscì a mettere insieme dei giovani studenti per degli spettacoli teatrali nell’aula magna del Comune o in una sala di via Sant’Agostino di fronte a casa sua. Pure a Casalbuono, negli anni ‘20 – e pare anche anteriormente – si ha notizia di spettacoli allestiti nel salone di casa Ferraro. E anche a San Rufo alcuni artigiani e commercianti recitano più di una volta sotto la guida severa del pittore Giuseppe Mangieri. Qualcuno che s’intendesse di pittura non mancava mai tra i filodrammatici, e non solo per dipingere gli scenari.
A Polla, sin dagli anni ‘30, è attivo l’unico teatro comunale della zona, il «Santa Chiara», dove per prima si esibisce la compagnia di dilettanti animata da Amedeo De Luca.
A Sala, dove dagli inizi del Novecento esisteva l’unico ginnasio della zona, l’istituzione del liceo (1933) stimola negli anni ‘30 la formazione di una compagnia filodrammatica che si esibisce ogni anno sul palco preparato nella palestra. Per la prima volta non sono più attori maschi a recitare travestiti in parti femminili, come per il passato (e come fino agli anni ‘50 e oltre in altri paesi del Vallo), ma donne: in un manifestino dell’epoca, accanto ai nomi degli studenti Enrico Rossi, Fausto Garone, Alfonso Ragognetti, Giulio Perongini, Angelo Silvestri e Alfredo Donadio, si leggono quelli delle studentesse Angelina Rossi, Clelia Marino, Maria Filomena Russo e Rita Cappa. Qualche anno dopo, una filodrammatica di artigiani e studenti sorse in seno all’Azione Cattolica nella parrocchia di San Pietro Apostolo, dove si distinsero allora e nel periodo immediatamente postbellico i fratelli Gasaro, pittori, che negli anni ‘20 avevano fatto parte della banda musicale, artisti nati e, come tali, vissuti. Persino la sceneggiata trovò espressione, con risultati ben più modesti, ad opera di un maccarunàru (pastaio) venuto dalle parti di Napoli, che effettuava le prove in casa del fabbro Pantaleone Di Somma.
Al ritorno dalla guerra ancora una volta il Circolo di Azione Cattolica fu un punto di aggregazione, che trovò il momento ricreativo più esaltante nella filodrammatica: a Sala riprese con più vigore e con la stessa intensità dell’anteguerra l’attività della «Pier Giorgio Frassati», che ebbe gran successo di pubblico nel paese e fuori; anche nell’ambito dell’Azione Cattolica le donne incominciano a calcare il palcoscenico: a Sala (Alba Rènnola rappresenta la Madonna ne La cantata dei pastori) e ad Atena, mentre la stessa associazione cattolica vede ancora solo maschi a Teggiano, Padula, Monte San Giacomo, San Pietro al Tanagro e Sassano.
Per Sala è il periodo più ricco dell’attività teatrale: oltre alla filodrammatica dell’Azione Cattolica «Pier Giorgio Frassati», emerge quella del Circolo Universitario sotto la regìa del prof. Italo Siciliani, in competizione accesa con gli «Amici dell’arte», sotto la presidenza di Michele Vannata, entrambe promiscue e di buon livello artistico. Quest’ultima si esibisce anche in riviste musicali, che si avvalgono dell’estro creativo di Ninì Sorrentino particolarmente per le parodie in dialetto salese, cantate sull’aria di motivi in voga e relative alla vita locale, come quella sul sìnnicu cravunàru (il sindaco Santorufo, commerciante di legna e carbone).
Nello stesso periodo nei teatri di Sala recitarono compagnie di rinomanza nazionale, come quella con Carlo Tamberlani, protagonista de Il cardinale, e quella di Angelo Musco con Rosina Anselmi, che recitò per una ventina di giorni commedie di Pirandello.
Con l’affievolirsi dell’attività dell’Azione Cattolica all’inizio degli anni ‘50 si perdono le tracce dell’attività filodrammatica nei paesi del Vallo di Diano; a meno che le nostre notizie non si rivelino lacunose in ricerche successive, fino alla fine degli anni ‘60 non si registrano manifestazioni nel settore.
Dal 1968 in poi, sotto lo stimolo delle ideologie di sinistra e della televisione, si assiste qua e là a una ripresa d’interesse verso la forma espressiva del teatro nell’Istituto Magistrale di Teggiano; ne furono animatori i professori Pasquale Petrizzo e Vincenzo Curcio, che, insieme a brani di Garcia Lorca e di De Filippo, utilizzarono anche propri copioni. Da De Filippo prende le mosse, a Casalbuono, nel 1972, Teresa Masullo, che poi si renderà interprete dell’esigenza di creare soggetti in dialetto ispirati alla tradizione, esperimento non del tutto nuovo, perché già in passato Sebastiano D’Amato, a Sant’Arsenio, aveva composto commedie in dialetto e, sulla sua scia, Giuseppe Amabile; per non parlare di Nicola Marmo, di San Rufo, del quale si conosce qualche brano, pure in dialetto, come il contrasto tra Carnevale e Quaresima. Tra De Filippo e copioni ispirati alla tradizione folclorica locale operò il gruppo del C.A.G., costituito ad Atena da insegnanti e impiegati.
L’idea di Teresa Masullo di una compagnia teatrale «Città Vallo di Diano» si pone ancora oggi come un utile progetto degno di sviluppi futuri.
In tale prospettiva c’è da porsi la domanda: come è stato visto il teatro nel Vallo? Ossia quali funzioni ha esercitato? È chiaro che lo spettacolo teatrale ha avuto nei paesi del Vallo prevalente carattere di intrattenimento: con la diffusione e l’affinarsi del cinema e, soprattutto, con l’avvento della televisione, è scemata l’attività filodrammatica locale, essendo, questi ultimi, forme di spettacolo artisticamente più compiuti. Fin dal suo sorgere il cinema aveva suscitato la curiosità popolare, alla stessa stregua delle recite delle compagnie teatrali: giravano per i paesi con la loro «macchina cinematografica» Auleta e i fratelli De Marsico di Sala Consilina, Rosario D’Alessio di Sassano e la gente accorreva in massa alla "veduta" per lo più in piazza in occasione di festività religiose. Anche se non sono mancati dei tentativi di tradurre nella forma espressiva del teatro la coscienza in termini critici della realtà locale, risulta questa una strada finora poco praticata*.
(Giuseppe Colitti)
* L’attuale ricerca riportata nel sito è quella pubblicata nel Quaderno 1 del Centro Studi e Ricerche, Istituti culturali del Vallo di Diano, che risale agli anni ’80. Da allora attività teatrali sono state svolte con successo nei vari paesi del Vallo. Per Sala Consilina, va segnalata quella dei «Ragazzi di San Rocco», che hanno organizzato ben quindici edizioni consecutive di «Teatro in Sala», affermatosi a livello nazionale. Si auspica per ora un aggiornamento dei dati relativi. Si sta anche procedendo a una ricerca su tre autori salesi di opere teatrali tra Cinque e Seicento: Giovan Luigi di Otero, Giacomo Gatta e Manilio Pandelli, che fu maestro di umanità di un duca di Gravina Orsini, poi Benedetto XIII. Sarà possibile, con gli eventuali risultati della ricerca su tali autori, ritrovare una più radicata identità storica al teatro nel Vallo e all’attività letteraria più in generale.
(1) G. COLITTI, Il Liceo Ginnasio e l’attività teatrale, in Comune di Sala Consilina, I cinquant’anni di un Liceo Classico a cura di V. Bracco, Arti Grafiche Boccia, Salerno 1984, pp. 39-45.