I personaggi di Sanza


Tommaso CIORCIARI
. (Sanza, 1876 - 1966). “Commissario del popolo” nel 1943. Tommaso nacque dai contadini Felice e Francesca Laveglia. Alla fine del secolo emigrò in Argentina, alla ricerca di miglior fortuna. Nel nuovo continente restò 14 anni, imparò a leggere e a scrivere e maturò una chiara coscienza politica di sinistra. Tornato in Italia prima della Grande Guerra, prese a cuore col figlio Felice le condizioni dei più umili. Ciò nel Ventennio lo rese bersaglio preferito di podestà e gerarchi. Verso la fine del 1940 fu trasferito a Sanza, da Caselle in Pittari, il segretario comunale Aniello Buoniconti. Tra i due nacque un’intesa profonda che, con altri proseliti, si mutò in vero movimento comunista, originale in quanto slegato dagli organi di partito provinciali e nazionali. Dopo l’8 settembre 1943 parve giunto il momento d’agire. Il Comando Alleato impartì disposizioni precise all’Arma dei Carabinieri: messi da parte i podestà, in ogni comune bisognava favorire nuove candidature gradite al popolo per la gestione della cosa pubblica, senza traumi e senza violenza. Il maresciallo della locale stazione dei carabinieri, Giuseppe Di Giovanni, dovette così consentire che il 16 ottobre del ’43 più di 300 persone acclamassero Tommaso commissario del popolo. Iniziava così la sua breve parentesi amministrativa in favore del popolo, con tutta una serie di misure: allontanamento dei notabili compromessi col deposto regime, permesso di lavorare i terreni demaniali, sicurezza di godimento degli usi civici, alleggerimento del terratico, consenso per i più poveri di macinare il grano senza tener conto dell’ammasso, impedimento dell’accaparramento di derrate alimentari, e così via. I notabili accantonati mal digerivano le misure adottate da Tommaso e per questo cominciarono a metterlo in cattiva luce con una sottile rete di calunnie. Il 30 ottobre Tommaso consentì che 40 contadini occupassero un fondo del salese Tommaso Morena in contrada Farnetani; il 31 i comunisti sanzesi si portarono a Caselle per favorire l’elezione dell’antifascista sangiacomese Michele Totaro; il 20 di novembre raggiunsero Buonabitacolo per prendere contatti coi rossi locali. Ce n’era abbastanza perché l’ esperienza amministrativa di Tommaso venisse interrotta. I fatti ormai avevano allarmato sia la Tenenza di Sala retta dal tenente Felice Bianco, sia il Comando Alleato di Vallo. Così quello stesso giorno, 20 di novembre, i carabinieri arrestarono, nella casa comunale, Tommaso ed altri 20 padri di famiglia, poi saliti a 35, con l’accusa di appropriazione indebita di cariche pubbliche, costituzione di banda armata, associazione a delinquere, occupazione di terreni privati e altro ancora. Gli arrestati furono subito condotti nelle carceri di Sala dove restarono fino al 2 di gennaio del ’44, quando un ufficiale alleato ne intimò la liberazione. Il processo si tenne presso il tribunale di Lagonegro nel mese di maggio del ’47. La corte sentenziò di non doversi procedere a carico degli imputati, perché i reati ormai si erano estinti per amnistia. L’esperienza del commissario popolare era durata appena 36 giorni ma aveva messo salde radici che poi diedero i loro frutti: i dirigenti del PCI, primo fra tutti Pietro Amendola, resero merito al coraggio dei contadini sanzesi; nelle votazioni per il referendum istituzionale i consensi per la Repubblica a Sanza furono del 49,08%, mentre in provincia, si sa, furono solo del 24,8%. Tommaso morì compianto da tutti. Il figlio Felice ne continuò l’insegnamento sino alla morte, avvenuta nel 1994 (F. Fusco: Economia e società a Sanza tra Otto e Novecento e i 36 giorni del “commissariato popolare” di Tommaso Ciorciari, in Euresis, IX, 1993, pp. 171-198; idem: È morto a Sanza Felice Ciorciari, figlio e difensore del popolo, in Le Pagine di Erò, marzo 1994, pp. 7-8).

Vincenzo FUSCO. (Sanza, 1702-1764). Democratizzatore del 1799. In un convegno tenutosi a Sanza nel 1999 in occasione del duecentesimo anniversario della Repubblica Napoletana vennero alla luce fatti e personaggi inediti del giacobinismo locale. Fino allora Sanza sembrava essere rimasta fuori dalle lotte tra democratizzatori e sanfedisti. Le ricerche di un valente insegnante del posto, Giuseppe Laveglia, fecero conoscere per la prima volta i rapporti intercorsi tra i democratizzatori padulesi e quelli sanzesi. In particolare emerse la figura di Vincenzo Fusco, nato da Giovantommaso (e da Costanza Balbi, figura di spicco della cellula dei repubblicani a Sanza. Fu lui a richiedere la presenza a Sanza del padulese Ettore Netti, forse perché il gruppo dei giacobini del posto era piuttosto esiguo o forse perché i realisti erano molto minacciosi. Alla luce dei fatti, la seconda ipotesi appare la più credibile: domenica 17 febbraio, mentre a Montesano veniva barbaramente ucciso Nicola Cestari, il manipolo dei padulesi si scontrò coi sanfedisti sanzesi alle porte dell’abitato, lì dove nel 1857 Pisacane sarà battuto in una lotta impari con urbani e gendarmi. Francesco Notaroberto, amico di Netti, restò ucciso davanti al cenobio francescano; lo stesso Netti cadde il giorno dopo, lunedì 18, all’interno dello stesso luogo sacro. C’è del vero nella convinzione, fatta propria dai genitori dei due padulesi, che gli stessi fossero stati uccisi da inviati dei certosini di San Lorenzo? La questione è ancora sub iudice, anche perché Vincenzo Fusco, non si sa perché, fu ucciso circa 2 mesi dopo, il 15 d’aprile, nella sua casa palazziata in Via San Nicola, sotto gli occhi della moglie, Isabella Tafuri, e dei figli, Giovantommaso, Pietro e Chiara. Il giorno dopo fu sepolto nella Cappella di Santa Sofia. Poco più d’un mese prima, il 7 di marzo, un altro esponente dei Fusco, Nicola Gaudiani di Alessandro e di Teresa Fusco, era stato ucciso col padre a Laurino da un manipolo di facinorosi sanfedisti (G. Laveglia: Echi della Repubblica Napoletana a Sanza, in Le Pagine di Erò, nn. 9-10, 1998, pp. 12 e 14; idem: Profilo storico di Vincenzo Fusco. Martire della libertà, in Le Nuove Pagine di Erò, 6, 1999, pp. 22 ss.; F. Fusco: Carlo Pisacane e la Spedizione di Sapri, Casalvelino, Galzerano, 2007, cap. I, pp. 4-7).
Felice Fusco

Sabino PELUSO. (Sanza, 1723-1794). Scultore di statue lignee. La scoperta di questo artista settecentesco è dovuta allo studioso sanzese Stefano De Mieri. L’Università Popolare di Sanza, sorta nel 2009, ha preso il suo nome. Nacque da Antonio e da Giovanna Sasso in una famiglia piuttosto agiata (uno zio era speziale di medicina, un altro sacerdote; un fratello era studente e acolito, un altro scolaro: così nell’Onciario del 1753), ciò che gli permise un’adeguata formazione presso un affermato maestro del Salernitano o della Lucania. Con la maturità i committenti non mancarono, sia nella sua Terra sia nei paesi limitrofi. I soggetti delle sue opere furono le statue (lignee) processionali per le chiese o quelle destinate alle cappelle gentilizie; in esse rivivono i tratti evolutivi della scultura napoletana. Di questo sculptor si conoscono circa 20 opere, ma la ricerca è lungi dall’essere esaustiva. Queste le opere realizzate a Sanza: San Pasquale Baylon (1749) e Immacolata Concezione (perduta) per la Chiesa di San Francesco; Immacolata Concezione, Cristo Risorto, Santa Maria Maddalena, San Francesco di Paola, San Pietro per la Chiesa dell’Assunta; San Vito Martire (1768) per la cappella omonima; Sant’Antonio Abate (1772) per la cappella omonima. E nel territorio: San Gaetano, San Pasquale Baylon, forse San Giovanni Evangelista a Sassano; San Nicola, San Vincenzo Ferrer, San Pasquale (tutt’e tre perdute), Madonna col Bambino o Vergine del Carmelo/del Carmine a Buonabitacolo; San Rocco, San Giuseppe e San Riccardo (perduto) a Casaletto Spartano; San Cataldo a Ispani; San Donato a San Cristoforo. L’artista, che fu noto pure per la sua profonda devotio (fu confratello del sodalizio laicale di Santa Maria della Neve), fu sepolto in Chiesa Madre (S. De Mieri: Sabino Peluso. Scultore del XVIII secolo. Breve profilo, Lagonegro, Zaccara, 2009).

Gaetano RICCIO. (Maiori, 1670 – Sanza, 1738). Fin da giovane fu educato alla vita francescana, prima nel convento di Cava, poi di Sarno, infine a Napoli nel convento di San Diego all’Ospedaletto, dove conseguì il lettorato in teologia e fu maestro dei chierici. Dopo il 1724 chiese ed ottenne di essere inviato a svolgere il suo apostolato in una sperduta Terra del Principato Citra, Sanza, nel Convento di Santa Maria della Neve, poi di San Francesco. Qui padre Angelo da Maiori, come ormai era chiamato, raggiunse una notorietà straordinaria, che ben presto si estese pure ai paesi limitrofi. Con la parola e con l’azione caritatevole, con l’attenzione e l’amore per il prossimo sofferente e peccatore diventò figura stimata e temuta per i suoi interventi taumaturgici. In pratica per la comunità locale egli diventò una sorta di padre Pio ante litteram. La vox populi accreditò non pochi miracoli, tanto che il francescano morì in fama di santità. Di ciò si avvidero i certosini di Padula che, armata manu, pare che nella seconda metà del Settecento attuassero un vero e proprio blitz (a cui il popolo di Sanza si oppose energicamente) per impadronirsi dei resti mortali del religioso. Nel 1851 il padre provinciale dei Minori Osservanti, padre Vincenzo da Nocera, chiese (ed ottenne) al vescovo Valentino Vignone, che si trovava a Sanza per la visita pastorale, di consentire una prima ricognizione dei resti mortali di padre Angelo per poter avviare il cosiddetto processo informativo diocesano. Poi tutto tacque per un secolo, ossia sino al 1952, quando alla presenza del vescovo Oronzo Caldarola e, tra altri, del parroco della Chiesa di San Francesco don Antonio Cavallo di Sala Consilina, fu attuata la seconda ricognizione canonica dei resti del francescano. Da allora l’iter per la beatificazione non è stato più ripreso. (L. Eboli: Padre Angelo da Maiori. “Una gloria dimenticata”, Lagonegro, Zaccara, 2008).

                                                                                          Felice Fusco