Musei del Vallo di Diano (*)
Nel volgere degli ultimi venticinque anni, il Vallo di Diano è venuto arricchendosi di quattro musei, sorti nei centri abitati più ricchi di tradizioni culturali della zona: Padula, Atena Lucana, Teggiano e Sala Consilina.
L’esigenza di dotare il Vallo di strutture museali era stata avvertita fin dal lontano 1878, anno in cui, da una parte, Giuseppe Fiorelli, Direttore generale dei Musei e degli Scavi d’Antichità d’Italia, auspicava l’istituzione nella Certosa di Padula di un museo che avrebbe raccolto i reperti del Vallo di Diano (1); e, dall’altra, l’Amministrazione Comunale di Teggiano, in ottemperanza ad una nota prefettizia «con la quale prescrivevasi raccogliere i monumenti ed oggetti d’arte antichi sparsi pel Comune ed allogarsi nella Casa Comunale per farne un Museo Civico», dava mandato «per l’esecuzione dell’opera» al canonico Stefano Macchiaroli, storico locale, autore, com’è noto, della monografia intitolata Diano e l’omonima, sua Valle, data alle stampe un decennio prima, nel 1868 (2).
Ma in quegli anni di difficile congiuntura economica in cui si trovò a muovere i primi passi il giovane Stato italiano, quando si badava soprattutto a fornire il Paese di opere più urgenti, come scuole, uffici, strade, ponti e ferrovie, era impossibile pensare anche alla istituzione di piccoli musei periferici. E non se ne fece nulla.
Fu soltanto negli anni Cinquanta del nostro secolo, allorché gli scavi promossi dalla Direzione dei Musei Provinciali di Salerno rivelarono l’esistenza, tra Sala Consilina e Padula, di una zona archeologica fra le più importanti dell’Italia meridionale, che si pensò di allestire, nella Certosa di Padula, un museo che raccogliesse tutto il materiale proveniente dalle tombe rinvenute nella suddetta zona. Nacque, così, il primo museo del Vallo di Diano, il Museo Archeologico della Lucania Occidentale, aperto al pubblico nel 1957.
Va detto che originariamente questo museo venne allogato nel Refettorio; e si prevedeva di estendere l’esposizione nella Galleria del piano superiore del Chiostro Grande. Un decreto ministeriale del 1966 stabiliva addirittura di destinare tutta la Certosa a sede di un Museo Provinciale Archeologico. Ma le cose andarono diversamente. Per ironia della sorte, proprio nel 1966 l’utilizzazione del Refettorio per alcune riprese del film «C’era una volta ...» causò il trasferimento del museo negli ambienti ben più modesti della cosiddetta «Cella del Priore», dove è allogato attualmente. Va detto anche che la consistenza del materiale esposto è rimasta quella che era al momento dell’istituzione del museo, per cui nelle quattro sale aperte al pubblico figura, si può dire, soltanto un campionario degli oltre quindicimila oggetti provenienti dalle necropoli di Sala Consilina e Padula venute alla luce con gli scavi fatti dalla Direzione dei Musei Provinciali di Salerno — retta da Venturino Panebianco — tra il 1955 e il 1960.
Nonostante queste limitazioni, il Museo Archeologico della Lucania Occidentale è di fondamentale importanza per lo studio della cultura del territorio, fornendo esso, coi suggestivi corredi tombali (ossuari, vasellame, armi, rasoi, fusi e fibule), indicazioni preziose sullo sviluppo storico del Vallo dalla prima Età del Ferro al V sec. a. C., nonché sui contatti che si stabilirono tra i locali insediamenti umani e quelli dislocati nel golfo di Tarante o fiorenti sulle coste tirreniche.
Ad una politica di decentramento degli istituti culturali, ma anche ad una maggiore sensibilità della popolazione del Vallo di Diano per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio artistico e storico del comprensorio, si deve poi la istituzione degli altri musei sorti recentemente.
L’Antiquarium Atinate, istituito nel 1978 è allogato in un locale della Casa Comunale di Atena Lucana, conserva reperti archeologici provenienti dal territorio comunale ed offre la possibilità di rintracciare le tre principali culture che caratterizzarono lo sviluppo del centro abitato nell’età antica: la cultura enotria, con reperti ceramici del VII-VI sec. a. C.; quella lucana, con reperti ceramici e scultorei del IV-III sec. a. C.; e quella romana, con reperti epigrafici, scultorei e architettonici delle età repubblicana e imperiale.
L’Antiquarium di Sala Consilina, allestito nel 1982 in alcuni ambienti dell’ex convento dei Cappuccini, si può considerare come un’appendice del museo di Padula, poiché raccoglie i risultati degli scavi condotti dalla Soprintendenza Archeologica nella necropoli di Sala Consilina dal 1972 ad oggi. (Da rivedere alla luce del prossimo nuovo allestimento).
Diversa configurazione ha il Museo di S. Pietro di Teggiano, sistemato nel 1982 nell’omonima chiesa, destinata da tempo a sede di un museo civico. Struttura polivalente e di facile fruizione, il Museo di S. Pietro introduce, con l’ausilio di una documentazione di prim’ordine (fotografie, planimetrie, grafici e schede) che affianca le opere esposte, alla conoscenza della storia e del patrimonio artistico di Teggiano. Sta di fatto che, tra le opere esposte (provenienti dal centro storico o dalle frazioni sottostanti), le iscrizioni latine riecheggiano le "voci" dell’età romana, una serie di capitelli rivela le sculture artistiche qui attecchite in epoca medievale, il grande stemma aragonese ricorda lo scontro cruento tra re Ferdinando I d’Aragona e i nobili ribelli promotori della «congiura dei Baroni» ordita nel castello di Teggiano, alcune immagini sacre scolpite su pietra locale restituiscono il clima spirituale esistente in età feudale nel piccolo centro costellato di monasteri, chiese e cappelle.
La documentazione, che fa da supporto alle opere e-sposte, poi, rimanda ugualmente all’evoluzione storica della cittadina, illustrando, via via, il notevole sviluppo dell’ architettura sacra, in chiave stilistica romanica o gotica, che qui c’è stato nei secoli XIII e XIV; i cicli pittorici che ornano chiostri e navate delle dismesse costruzioni mona-stiche (in Teggiano medioevale erano insediati Francescani, Agostiniani, Celestini e Benedettine); gli artistici portali che conferivano decoro e prestigio alle settecentesche dimore della borghesia locale; il monumentale castello Macchiaroli; l’immutato tessuto viario; gli archivi, le biblioteche e tanti altri aspetti interessanti del centro storico di Teggiano.
Dal Museo di S. Pietro, in ultima analisi, viene un invito alla ricerca storica, alla conoscenza di quei valori ambientali che fanno di Teggiano uno dei luoghi storicamente più interessanti del Salernitano, valori che ovviamente vanno protetti e conservati, non tanto per doveroso omaggio alla storia patria, quanto per assicurare il mantenimento dell’identità etnica, storica e culturale del piccolo ma suggestivo abitato arroccato sulla collina.
Va osservato che per la nascita dei quattro musei c’è stata una fattiva collaborazione tra le Soprintendenze da una parte e le Amministrazioni Comunali, le autorità ecclesiastiche (il vescovo di Teggiano, Mons. Umberto Altomare, ha offerto la chiesa di S. Pietro per ospitare il museo teggianese), gli studiosi locali (Elena D’Alto per l’Antiquarium Atinate, Arturo Didier per il Museo di S. Pietro) dall’altra.
Ora, che i musei del Vallo di Diano costituiscano delle strutture estremamente importanti per la conservazione del patrimonio artistico e storico del comprensorio, è un fatto indiscutibile. Per quanto concerne invece il ruolo, che tali strutture possono assumere, di istituti culturali che promuovono l’aggregazione sociale e favoriscono la riappropriazione del proprio passato da parte delle comunità locali, bisogna constatare che tale ruolo è ancora di là da venire, non essendoci stata finora, intorno a questi musei, nessuna animazione culturale.
Arturo Didier
(*) Le notizie, pubblicate nel vol. Istituti culturali del Vallo, Quaderni del Centro Studi e Ricerche Vallo di Diano, 1, P. Laveglia Editore, Salerno 1984, si riferiscono al momento della ricerca e necessitano, quindi, dei necessari aggiornamenti.
(1) Per questa ed altre notizie sui musei del Vallo di Diano, cfr. Guida, alla storia di Salerno e della sua Provincia, a cura di A. Leone e Giovanni Vitolo, Pietro Laveglia Editore, Salerno 1982, ad voces.
(2) Cfr. Archivio Comunale di Teggiano, Deliberazioni del Consiglio Comunale, 12 novembre 1878. Il testo della delibera è stato dato da Arturo Didier a Vittorio Bracco, che l’ha pubblicato integralmente in V. BRACCO, II museo di Teggiano, nella rivista Musei e Gallerie d’Italia, anno XXIII, n. 64, gennaio-aprile 1978.