I personaggi di Monte San Giacomo
Michele ALETTA, sangiacomese, usciere a Salerno, ha lasciato traccia di agitatore risorgimentale: fu incarcerato per i moti del 1820 e poi per quelli del 1828 accanto al cilentano Costabile Carducci nel 1828. Per coinvolgere nella rivolta i suoi compaesani, si aggirò sul Monte Raccio, facendo spargere la voce di avere al seguito 10.000 uomini nella speranza di far ritirare le guardie borboniche, mentre aveva pochi uomini al seguito. Di nuovo incarcerato con la condanna a morte, poi tramutata in ergastolo, nel 1859, ormai decrepito, fu scarcerato per grazia del sovrano. (V. S. Racioppi, Monte San Giacomo).
Pietro LAVEGLIA.
Nato a Monte San Giacomo il 1906 e morto a Salerno il 22.7.1985, è stato, dal 1981, il promotore e il principale animatore del Centro Studi e Ricerche del Vallo di Diano con sede in Sala Consilina, al fine di unire le risorse locali e sprovincializzarle a contatto con esponenti dell’università. Alla rifondazione con atto notarile nel 2005, a riconoscimento dell’opera svolta, è stato a lui intitolato. Catturato in Africa dagl’Inglesi durante la seconda guerra mondiale, fu prigioniero in India, dove ebbe modo di approfondire il suo antifascismo trasmessogli dal compaesano Gherardo Marone. Laureato in giurisprudenza, fu assunto come segretario presso la Soprintendenza Archeologica di Salerno. Della sua esperienza in archeologia resta il bel volume Paestum, libreria Scientifica, 1971. Iscrittosi al Partito Comunista Italiano, si dedicò appassionatamente all’attività politica, nel cui ambito maturarono le sue ricerche storiche locali su democrazia e antifascismo, pubblicando articoli e saggi su riviste come “Mondo Operaio”, Rassegna Storica Salernitana”, “Archivio storico della Calabria e della Lucania”; nel dopoguerra fu candidato nelle liste del P.C.I.; una sua particolare iniziativa fu “Il lettore”, primo esempio di giornale parlato in Italia che fu sperimentato dal 1950 al 1953 a Salerno presso la libreria internazionale Macchiaroli. Con questo spirito dedicò alla rivolta di Monte San Giacomo del 1933 l’articolo Un episodio ignorato della lotta antifascista fra i contadini del Salernitano (“Rinascita”, 1954). Amico dell’archivista Leopoldo Cassese, ne pubblicò gli Scritti di Storia meridionale, 1970. Organizzò il convegno della regione Campania su “Mezzogiorno e Fascismo” (Salerno-Monte San Giacomo, 11-15 dicembre 1975) curando poi il volume degli atti Fascismo, antifascismo e resistenza nel salernitano, E.S.I. 1978. Ma, solo una volta pensionato, emerse pienamente come tenace operatore e organizzatore di cultura. Fondata una piccola casa editrice sotto il suo nome, istituì una collana di successo, la “Piccola Biblioteca Laveglia” e pubblicò la Storia del Vallo di Diano in tre volumi (l’ultimo in due tomi), 1981-85, voluta da Gerardo Ritorto, allora presidente della Comunità Montana e la Guida alla storia di Salerno e della sua provincia, 1982, anch’essa in tre volumi. Fu editore altresì della Rassegna Storica Salernitana, diretta da Italo Gallo. Tra le testimonianze di attenzione alla cultura locale del Vallo di Diano si segnalano la pubblicazione del primo dei sette quaderni del menzionato Centro Studi, Istituti culturali del Vallo, 1984, della Storia di Teggiano di Arturo Didier e dei contributi alla storia orale del Vallo di Giuseppe Colitti. In memoria di lui fu pubblicato postumo il quaderno n. 2 dedicato all’Agricoltura del Vallo di Diano, 1988, tema a lui particolarmente caro, essendo “al centro dei suoi interessi il proposito di redimere i contadini del Sud e del suo Vallo di Diano in ispecie, dall’inferiorità millenaria che li aveva travagliati”, come scrisse Francesco Franco. Un problema non da poco, se, a distanza di anni, possiamo constatare che la mancata modernizzazione di questo settore economico, ne ha segnato inesorabilmente il declino. Nel 1986 fu istituita in suo onore una borsa di studio consistente in libri della casa editrice, rimasta in vigore fino al 1995 e ripresa nel 2010. La casa editrice che porta il suo nome, grazie al prestigio raggiunto, è sopravvissuta e attualmente è accorpata a Carlone editore, che ne è degno erede e custode.
Gherardo MARONE (1891-1962), “ambasciatore di cultura tra Italia e Argentina”, nacque a Buenos Aires da antica famiglia sangiacomese emigrata in Argentina. Nel 1904 si recò in Italia, per frequentare gli studi fino al conseguimento della laurea, a Napoli, prima in giurisprudenza, poi in Lettere e Filosofia, svolgendo ben presto un’intensa attività nei migliori circoli culturali, a contatto con personalità di spicco. Partecipò, come soldato, alla prima guerra mondiale. Liberale e antifascista, si battè anche al suo paese di origine per la democrazia. Grazie alla sua competenza giuridica, poté schierarsi a difesa di Giorgio Amendola, confinato a Ponza dal regime fascista nel 1934 e dei condadini di Monte San Giacomo che avevano partecipato alla rivolta del 1933. Ma fu nel campo della letteratura che emerse interamente la sua statura di intellettuale, testimoniata, tra gli altri, da Giuseppe Ungaretti, che da lui fu lanciato e a casa sua, a Napoli, compose la famosa poesia Natale: “Io gli devo molto e molto gli devono le Lettere italiane, e non solo italiane … che egli seppe illustrare con acume di critico scrupoloso”, così scriveva per ricordarlo. A Napoli aveva fondato la rivista letteraria “La Diana” (1914-1917), che, orientata a sprovincializzare la cultura napoletana, ospitò, accanto a Ungaretti e Benedetto Croce, i più grandi letterati futuristi, lacerbiani e vociani, come Papini e Prezzolini, pubblicando tradotte anche le poesie del giapponese Shimoi, che inaugurò un genere di poesia nuovo, il “frammento”, per il quale si caratterizzò l’ermetismo. Sempre a Napoli fondò poi la rivista politica “Il Saggiatore” (1024-1925), in opposizione al fascismo, che la soppresse: collaboratori di spicco, ne furono, tra gli altri, Giovanni Amendola, Guido De Ruggiero, Mario Vinciguerra, Vincenzo Arangio Ruiz, Carlo Cassola. Nel 1938 dovette abbandonare l’Italia per motivi politici, trasferendosi a Buenos Aires, nella cui università insegnò letteratura italiana, tenendo corsi sulla letteratura contemporanea e sull’opera di Machiavelli; per la società “Dante Alighieri” nel 1946 iniziò a pubblicare i “Quaderni della Dante”. Fu premiato dall’Accademia d’Italia e fu membro dell’Accademia Pontaniana, non senza altri riconoscimenti in Italia e all’estero. Nel 1950 fondò la “Società Argentina di Studi Danteschi”, nella quale coinvolse Papini e Croce. Tornato in Italia, insegnò dal 1954 al 1956 letteratura spagnola presso l’università di Bologna. Nel 1956, acutamente critico anche nella sua visione politica, così scriveva al comunista Gaetano Macchiaroli: “Non voglio dare giudizi, ma non so se vi gioverà questo legame così profondo con l’Unione Sovietica”. In Argentina, dove tornò nuovamente, si adoperò per la diffusione della cultura italiana. Collaborò a “La Nacion” e, in Italia, a “Il Mondo”, alla “Nuova Antologia”, a “Il Tempo”, a “Il Mattino” e ad altri organi di stampa. La sua casa di origine, nella quale ospitò alcuni amici illustri, fu donata alla cittadinanza sangiacomese ed è stata destinata dal Comune a centro culturale. I suoi carteggi sono custoditi in buona parte presso la Biblioteca Nazionale di Napoli. (Per la bibliografia completa del e sul personaggio cf. Gherardo Marone, La Buona Stampa, Napoli 1969).