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Stato degli Archivi nel Vallo di Diano
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       Un censimento degli archivi esistenti nel Vallo di Diano è stato pubblicato, a cura di Franco Blasi, Pasquale Petrizzo (responsabile) e Carmelo Setaro, nel quaderno 1, Istituti culturali, del «Centro Studi e Ricerche del Vallo di Diano» oggi intitolato a Pietro Laveglia, che ne fu ideatore e promotore, nonché editore del volume, nel 1984.

       Si è voluto verificare lo stato attuale degli archivi stessi alla ripresa del menzionato Centro Studi, di cui sono stato socio attivo dalla sua fondazione, avendo avuto esperienze, dirette o indirette, del cattivo stato, in qualche caso addirittura del loro peggioramento. Mi limito alla funzione notarile di informare se sono stati ordinati, inventariati e resi accessibili, nella consapevolezza che senza archivi non è possibile ricostruire la storia locale attraverso la documentazione disponibile, anche se ben poco è dato trovare dopo la dispersione avvenuta dove più dove meno attraverso il tempo.

        Per le notizie ho fatto riferimento alla rete di studiosi dei singoli paesi, preferibilmente a quelli che fanno già parte del Centro Studi o che sarebbe auspicabile ne facciano parte; in qualche caso ho chiesto notizie direttamente al sindaco del comune o a chi per lui. Preferisco non soffermarmi sulle ragioni che hanno determinato la lunga pausa del Centro studi, fondato a Sala presso la Biblioteca Comunale nel 1981, trasferito a Padula in coincidenza del riconoscimento della Certosa come attrattore culturale per tutto il territorio, anche per effetto della chiusura temporanea della Biblioteca comunale. Al momento niente è più importante dell’unità per lo sviluppo del Vallo di Diano, a cominciare dagli operatori culturali, che insieme potranno contare sicuramente molto più che da soli, per concorrere ciascuno, a seconda degli interessi di ricerca, al raggiungimento di obbiettivi comuni in un orizzonte che superi l’angustia di una visione municipalistica per lo sviluppo del territorio. Il decollo turistico dipende non solo, ma primariamente, dalla comune consapevolezza culturale e bisogna affrettarsi per non perdere definitivamente un’occasione di sviluppo locale. Ricostruire la nostra identità con quello che ancora c’è negli archivi, a cominciare da quelli comunali e parrocchiali, è una strada obbligata.

        In qualche caso la possibilità di accesso degli studiosi agli archivi, anche per effetto del dopoterremoto, si è ulteriormente deteriorata; è bene darsi una salutare scossa e cominciare di qui la ripresa del Centro Studi. Molti documenti sono andati dispersi, prima e dopo l’evento del sisma del 1980: nel migliore dei casi alcuni si trovano conservati in case private (nel Vallo e probabilmente anche fuori), per la presenza in passato di pubblici amministratori o di preti nella famiglia o perché nella situazione di abbandono e degrado qualcuno ha pensato, magari in buona fede, di salvarli dall’incuria (ho sentito dire che qualcuno avrebbe addirittura recuperato delle carte buttate nelle immondizie o di bambini che in passato avrebbero usato pergamene per farne tamburi). Nel peggiore dei casi sono stati distrutti per ignoranza del loro valore (c’è vaga memoria di qualche rogo di «carte vecchie») in un momento di smania di modernizzazione. Senza contare gl’incendi, da quelli del castello (1497) a quello della biblioteca di Diego Gatta (1799)[2].

        Due sono allora le cose da fare subito: ordinare innanzitutto quello che rimane e cercare in tutti i modi possibili di recuperare alla conoscenza quello che si è salvato dalla distruzione.

        Alcuni archivi, comunali e parrocchiali, sono stati ordinati ma, generalmente, manca un inventario e forse bisognerebbe non trascurare garanzie di sicurezza nella custodia.

        Molti documenti, come sanno già quelli che hanno intrapreso da anni ricerche, si trovano anche presso l’Archivio di Stato di Salerno, per lo più nel fondo della Sottoprefettura, ma frugare anche altrove non è mai superfluo, a seconda delle informazioni che si cercano. A Sala fino a qualche anno fa c’era l’archivio notarile, non più attivo fin dal 1924, utilissimo anche questo, ma di difficilissimo accesso; dopo essere stato versato qualche anno fa all’Archivio di Stato, è stato debitamente riordinato, restaurato e finalmente è consultabile.

        Passerò molto rapidamente a dare notizia, per quanto è stato possibile, della situazione attuale, comune per comune. Dell’archivio diocesano ha parlato il prof. Didier: vorrei solo sottolineare che alcuni fondi documentari parrocchiali vi sono stati versati in passato.

                                                                                     Giuseppe Colitti


[1]     . Questa ricerca è stata pubblicata in Per il recupero del patrimonio archivistico e bibliografico del Vallo di Diano. Atti del convegno del 14.12.2002 nella Certosa di Padula, a cura del Centro Studi e Ricerche del Vallo di Diano “Pietro Laveglia”, Quaderni 4, Salerno 2003.

[2]     . Molto interessante sul fenomeno della perdita di documenti è l’articolo di E. Spinelli, Le carte involate. Furti e distruzioni d’archivio nel Vallo di Diano, in «Rassegna Storica Salernitana», XII 2, 1995, pp. 121-147.